#06 • I luoghi sono destini

Noi a capodanno stavamo dentro questa casa vista San Petronio e a mezzanotte abbiamo deciso di eseguire 4 minuti e 33 secondi di silenzio. Nel boato generale, abbiamo passato i primi 4 minuti e 33 secondi del 2016 in silenzio. Questa cosa, per me, ha un valore palingenetico totale. È il senso che ci portiamo dietro durante tutte le azioni, il sottrarsi, l’abbassare il proprio volume al massimo consentito. Un atto di gentilezza e di cura anche dello spazio emotivo e creativo, in una dimensione storica in cui molto, troppo, è copyright e lotta ad affermare cos’è l’originalità, cos’è l’autorialità, anche nella fotografia dove, alla fine, l’occhio si ritrova spesso troppo solo dietro la macchina. Io non ho scelto nessuno dei punti di vista con cui è stato documentato il reale e credo che sia arrivato il momento di affrancarmi definitivamente anche dalla scelta del dove. Non solo non voglio scegliere un punto di vista ma non voglio nemmeno più scegliere il luogo, il posto, il punto d'arrivo. Mi bendo e guardo che cosa succede. Gli idoli bendati di solito introducono a questioni come l’amore, la fortuna, la giustizia, che cosa può succedermi di male?

E il caso ha voluto che capitassi nei punti che puoi vedere nella mappa. Mai al centro. Giuro, non l’ho fatto apposta, ha fatto tutto lui!

Questa cosa mi capitò di farla nel 2002, in un’altra città insieme ai miei amici Marino e Cristina. Mossi dalla medesima intenzione, stanchi già allora di ripetere visioni e rinnovare il tedioso rito della creatività, abbiamo deciso in quell’osteria senza nome, complice l’ennesima bottiglia di rosso, di giocare col quadrato magico, arrivando ad individuare 15 punti casuali da cui scattare altrettante immagini. In tre mesi (senza mai verificare i risultati) realizzammo con il banco ottico, a colori, 15 sovraimpressioni. Ogni fotografia era composta da 4 sovrimpressioni, nord-sud-est-ovest. Non avevamo scelto neanche la direzione. L’esperienza di attraversamento della città fu bellissima e ce ne fece scoprire il noto e l’ignoto come poche altre volte ci accadde. Il risultato rese noi stessi spettatori di quell’azione, del dislocamento dei nostri corpi e dell’inconscio tecnologico di cui erano solo i vettori. Quell’esperienza segnò il mio cammino al punto che, anni dopo, ne feci (insieme ad altre analoghe procedure) la parte destruens del mio metodo didattico. E proprio in quel contesto un mio studente, Stefano, inventò un programmino in Flash che riusciva a generare punti randomici sulle tavole di qualsiasi stradario urbano. Altracittà.

Ho deciso di usare questo programmino anche in questa occasione, qui a Bologna. E anche qui mi sono persa in luoghi che forse non avrei mai raggiunto e in direzioni in cui forse non avrei mai guardato. Ho incontrato immagini e pezzi di realtà che non conoscevo e che probabilmente non avrei mai conosciuto seguendo le mappe della mia e altrui funzionalità. Il gioco sta nell'educarsi alla meraviglia, comunque e ovunque possa prodursi, sempre pronti allo stupore dell'incontro, qualsiasi esso sia. Compreso quello con il messia-ufologo napoletano Davide Lucci (quello sfuggito per un pelo ai massoni del Vaticano), appena uscito da un capannone industriale dove, per pochi spicci, monta dissuasori per piccioni. Aver parlato per oltre un'ora con lui, in mezzo al nulla, è stato come fumarsi la migliore delle erbe. Ora lo incontro ovunque.

Il caso, il fato, è un dono e ti porta sempre all’incontro con qualcosa, con qualcuno, con il mai visto, il diverso, con l’alterità, o magari ti può portare vicino a un punto già vissuto, per guardarlo e guardarti con occhi diversi.

Questa volta però l’ho fatto in video. 9 sovraimpressioni di suoni e di visioni, ognuna di 27 secondi.

Un po' di numeri > 80 km totali (andata e ritorno) per 64.8 minuti di girato audio-video