#04 • Emilia90

E poi c’è lei. La nonna di tutte le strade. La capa famiglia. Il rivolo più calpestato del centro nord: La via Emilia (pare che wuming c’abbia di recente anche scritto un libro). È un po’ il nostro Eufrate, attorno a lei si sono sviluppati quei centri che, ad oggi, rimangono tra i più ricchi e fertili della penisola.

La via Emilia, che nel centro storico di Bologna è formata dall’asse San Felice-Bassi-Rizzoli-Strada Maggiore, taglia precisamente a metà la città, anche e ancora per forma e per censo. Vedete nella mappa no? Sembra la lama di Buñuel nel suo cane andaluso. Lei ha visto tutto, lei sa tutto. Vi immaginate, essere la via Emilia? Nun v’aregge.

Avevo bisogno di uscire dal palinsesto di suoni, di visioni e di storie che si affastellano nel centro della città, che ne denotano la sua stessa identità, l’immaginario che ad essa è associato. Avevo bisogno di ascoltare anche ciò che la circonda, che continua a portare il suono nome, che porta a lei e che da lei si sfilaccia fino a non esserlo più, ad esserle altro e altrove. Nel farlo ho deciso di ripartire proprio dalla signora Emilia, un vettore di per sé indentitario, una storia di storie, un filo di senso teso nel tempo e nello spazio, una staffetta stracittadina. Ho provato a tendere questo filo raggiungendo in autobus i due primi centri che si incontrano a levante e a ponente, Borgo Panigale e San Lazzaro di Savena, e tracciando questo passaggio con altri due piani-sequenza audio. Mentre nel piano-sequenza lungo gli assi interni ho camminato per incontrare i suoni, in questo caso sono rimasta seduta a riposarmi e a farmi raggiungere dal racconto delle mie compagne di viaggio. Ho chiuso gli occhi ed è stato come andare molto più lontano.

Raggiunti questi due centri ormai parte integrante della città, mi sono svegliata, sono scesa all’ultimo momento utile, ho ricomprato la memoria della mia macchina (lasciata perché a forza di camminare e non dormire la memoria ho finito per perderla io) e ho iniziato questo nuovo setaccio continuando a farmi guidare dal numero 9 (che mi sono accorta essere anche l’interno di una delle mie porte di casa). Sono ripartita a piedi alla volta della città e ho iniziato a registrare, in una sorta di zoom fisico e cognitivo, un video di 18 secondi ogni 90 passi, nella direzione di Bologna. Ciò che mi ha investita a un certo punto è stata la percezione quasi fisica di muovermi in un doppio desiderio. Io e quello spazio, sempre più connotato, sempre più prossimo, abbiamo forse incarnato la stessa sensazione: la tensione di raggiungerla e di appartenerle, in quel climax che restituiva densità, somiglianza e pacificazione al lento approssimarsi verso quella forma urbis.

Ad ogni modo, noi dovevamo contare 90 passi. Lo abbiamo fatto talmente tante volte, in una direzione e in un'altra, che alla fine non contavamo più e ci dicevamo solo la decina. E ce la dicevamo esattamente nello stesso istante. “20!” “30” “70”! Siamo arrivati a dei livelli di sincronia che attori e ballerine ci avrebbero invidiato.

Ho poi montato l’audio dell’autobus, scoria del movimento centrifugo, alla scoria centripeta, la sequenza video dell'avvicinamento. No. Non è una supercazzola e se avete la pazienza di ascoltarlo e vederlo ve ne rendete conto da sole.

Percorrendo questo spazio passo dopo passo, decina dopo decina, abbiamo anche riallacciato un antico dialogo con la questione del tempo. Ci siamo guardati e mi sono chiesta: “Ma quanto durerà questa roba?” 48 minuti. 48 minuti di spaesamento sensoriale, che si spiega man a mano che si svolge nel tempo della fruizione. Ma il fatto che ci voglia del tempo per fruirlo è anche un po’ la metafora del processo di conoscenza. Nel momento che stai conoscendo qualcosa o qualcuno non hai chiaro tutto subito. La fruizione non deve portare necessariamente alla sintesi. Non è che noi viviamo per sintesi. Viviamo ogni ora, ora per ora. Ed è in questa dimensione che avviene la vita e la sua scoperta. E il mezzo con il quale possiamo restituire al meglio questo processo necessariamente lento è il piano-sequenza, che registra senza limiti la realtà nel flusso dell’intercettazione, vive in e per quell’unità di tempo e di luogo ma non ti permette di scegliere, non lascia spazio alla creatività, alla finzione.

Un po' di numeri > 9.49 km per 110 sequenze video pari a 19.8 minuti di girato audiovideo