#05 • Cinque Derive

La deriva è un momento di frattura, una zona liminale, emotiva, che in questi 9 setacci introduce al caos e alla poesia. Qui iniziamo ad allontanarci dallo spazio codificato del suolo storico e ad affacciarci sulla città dell’ultimo secolo, sullo spazio dell'espansione storica e della moderna speculazione; con tutto quello che comporta urbanisticamente, esteticamente, sociologicamente e chi più ne ha più ne metta. L’oltrecittà, i territori attuali, per dirla con Lorenzo e Francesco, che non riconosci immediatamente perché situati oltre il confine (appunto) della città storica, nello corpo urbano non desiderato, ma tutt'al più preteso, in cui ogni cosa inizia a cedere la sua immagine, la sua identità.

Se prendi una singola porzione di questi territori e la osservi dall’alto della mappa non dici: “Ah! Questa è Bologna (o qualsiasi altra città)!” Nella declinazione di questa mataria vanno a frantumarsi tutti quegli elementi che rendono quantomeno localizzabile e riconoscibile la città, anche da lontano.

Quelle aree che voi vedete nella mappa e che sembrano dei petali che si dispiegano a corolla della centro città,  a partire dall'anello dei viali, le ho percorse per la prima volta camminando assieme a Blue John Cavern.

Blue John è l’amante di Cy la trans, lo sanno tutti ormai. L’ho conosciuto la sera della petroniana. Era una sera molto nebbiosa, c’era una luce incredibile per i viali. Io non sono di Bologna, come avrai capito, ma guardando quella nebbia che strusciava gli spigoli dei viali, ho capito com’è possibile che vicino a Piazza Maggiore possa esserci la magia di un sottopassaggio che porta decisamente da nessuna parte. E di fianco l’inconfondibile cartello della metro di Milano (l’avran mica rubato?), ma girato al contrario come a dire “Dai va là! invurnì!”. La nebbia è una polvere incantata che introduce l’elemento folle, surreale e simbolico dell’Emilia Romagna.

Blue John Cavern è un tipo estremamente affascinante, lo devo ammettere. Parla poco ma il suo sguardo accarezza il baratro con la saggezza di coloro che di notte pensano. Un’ po’ darkettone, ma col suo stile. Un Don Draper con il coraggio di essere realmente libero, per intenderci.

Quella sera mi sono sentita pervasa da una leggera possessione. Non stavamo lì a scegliere l’immagine, ma semplicemente camminavamo e coglievamo tutto ciò che ci colpiva. Sono dettagli, ingrandimenti disperati, cose piccole, spazi incalcolabili e indicibili.

Insomma, dopo qualche intensa passeggiata notturna intorno ai viali insieme a lui, nei giorni successivi ho cercato di portare con me la lezione del suo sguardo.

E ho iniziato a scattare dei piani sequenza fotografici, non solo come lo avrei fatto io ma anche come lo avrebbe fatto lui, se solo avesse avuto la forza di alzarsi prima della 6 di sera. Il filo rosso iniziava a srotolarsi sotto le nostre suole, ricamando un senso, andando a ricucire i tessuti della città odierna, contadina, produttiva, omessa, occupata, reinventata, offesa, resistente.

Ricucire nella mia mente e nel mio immaginario quegli spazi percorrendoli, per me è un gesto di conoscenza, di stupore, e quindi d’amore, un atto che mira a tenere insieme un’unità, senza stritolarla, gentilmente.

Mi sono poi ricordata di tutte quelle discussioni sulla periferia, che si limitano a guardare il degrado della città da un punto di vista moralista e storico. A me, invece, che nella periferia ci sono nata e cresciuta, quei luoghi sembravano, malgrado tutto, bellissimi. Certo, se sotto alle 900 fotografie che abbiamo scattato durante queste 5 derive, ci piazzi la didascalia "degrado urbano", "sfiga", non è che suoni proprio come un invito a percorrere quelle strade. Io invece come sottotitolo ci voglio mettere "QUESTA STRADA E’ BELLISSIMAAA". Si, con tante aaaaa, allora? Perché ve lo giuro, durante queste derive ho amato ciò che ho visto: un fiore su un balcone, le ombre sulle grate, una tettona che porta un cane, la luce di un cortile, improbabili dialoghi tra le cose, inaccessibili case di gnomi dentro un parco, apparizioni quasi mistiche nella luce sospesa di un garage, cacofonici battesimi sulle insegne dei magazzini cinesi e troppo (davvero troppo) altro ancora.

Io credo profondamente nel potere delle comunità di riscattare lo spazio, anche a partire dalla condivisione di suggestioni visive capaci di ricostruire un nuovo immaginario, una nuova idea di partecipazione, di ben altra, autentica, partecipazione rispetto alle sin troppo facili retoriche istituzionali. Sono convinta che l’arte, possa e debba avere un ruolo enzimatico in questi processi rigenerativi e resistenti. Vi racconto questa. Nel ’94 ho abitato anche a Spinaceto, un quartiere di Roma abbastanza periferico che non si filava nessuno. Anzi quando dicevo di venire da lì e di frequentare il liceo Plauto, le loro giovani e stolte bocche parioline si affollavano di prese in giro. Poi è uscito il film "Caro Diario" di Nanni Moretti, e mette quel quartire al centro di una delle scene più esilaranti e surreali dell'intero film. E quella scena si chiude proprio sotto casa mia. Dal giorno dopo Spinaceto è come se in qualche modo avesse iniziato ad esistere. “Sono di Spinaceto, hai presente?” Ah si, “Fuga da Spinaceto!” “Ma Spinaceto pensavo peggio, non è per niente maaaaale!”.





In fondo io percorro quell’oltrecittà e scatto delle fotografie, cioè, lo possiamo fare tutti nel 2016! E io sarei molto curiosa di saperne di più su quegli scorci, di sapere cosa guardano le persone in quelle strade, cosa notano, cosa amano, cosa gli appartiene e cosa di quei luoghi può appartenere a tutti noi. Un giorno magari possiamo uscire e farlo insieme. Magari Blue Jhon Cavern per quell'occasione riuscirà a svegliarsi in tempo.

Un po' di numeri 900 immagini (selezioni progressive e proporzionali ai km di ciascuna deriva) per 65.2 km + strada per raggiungere i 5 itinerari = 130 km


Deriva_ovest
Deriva_nordovest
Deriva_nord
Deriva_nordest
Deriva_sudest