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Questa è l’ultima di 9 azioni d’ascolto. L’ultima poesia, la più rarefatta di tutte, ha quindi una presenza umana, che è anche la sua assenza e la mia, la nostra.
Ci siamo definitivamente staccati dallo spazio fisico della città, siamo già memoria, siamo già archivio. Nella parabola del percorso, iniziato con la registrazione automatica di immagini, video, suoni, rimbalzi dell’esistenza, quest’ultima azione ci riconduce all’essere umano concreto. L’ultima poesia, la più rarefatta di tutte, ha la presenza. E non è la mia. E non è la nostra. E siamo spariti del tutto. Non siamo autori, siamo solo autorizzati.

Una notte tornando a casa ho trovato una diapositiva accanto a un cassonetto. L’ho sollevata verso la luce del lampione e mi è apparsa una figura androgina con la testa fasciata e il buco di un muro sul viso. Un po’ turbata ho guardato di nuovo in terra, dove si trovavano altre 27 diapositive. Avevano lo stesso tenore, una continuità poetica e formale spezzata da alcune immagini di una città del Nord Europa e da qualche altro enigmatico frammento. La nettezza urbana si stava avvicinando, le ho raccolte tutte. Fossi passata di lì 20 minuti dopo quella roba sarebbe stata spazzata via.

Riguardandole con calma a casa non ho dubitato neanche per un istante che dovessero essere l’ultimo modo, il più astratto, per raccontare la città e chi in qualche modo partecipa del suo immaginario. Era anche chiaro che non dovessi quindi essere io a tentare di raccontare quelle visioni enigmantiche, discroniche e distopiche, a risolvere un rebus che evidentemente non riguarda questa città, se non per il fatto che ci sono finite, rischiando di scomparirvi.
Avrei quindi voluto che 9 narratori residenti e attivi a Bologna scegliessero 9 tra quelle immagini e gli rinventassero una storia, un destino. Avrei anche chiesto, come unico vincolo, che ci raccontassero perché quelle diapositive finirono quella notte accanto a un cassonetto di via Santa Caterina.

Ma proprio qui il caso ha voluto giocare per una seconda volta, per continuare a stupirmi della vita, dei suoi meccanismi più profondi - che vanno sempre ascoltati con fiducia e curiosità perché la vita è più intelligente di noi e dobbiamo imparare a seguirne il flusso e interpretarne i segni.
Con modalità altrettanto rocambolesche e accidentali, ho infatti scoperto grazie ai miei amici Cira a Muce che l'autore di queste diapositive è un artista austriaco residente e attivo da diversi anni in questa città, Christian Rainer, che aveva smarrito in uno dei suoi tanti sbolognamenti questo materiale, realizzato nell'ormai lontano 2001. Ebbene, l'ho contattato e incontrato un pomeriggio in un bar di Piazzetta Re Enzo e gli ho restituito gli originali (tranne uno, finito nel diaproiettore del papà di Giacomo quella sera dei tortellini fatti in casa e del lambrusco Otello).
Ora che ho ritrovato Rainer non avrebbe senso portare avanti la mia intenzione iniziale e credo che sia bello e giusto lasciarsi depistare e disorientare, seguendo fino in fondo il senso del nome che avevo precedentemente affidato a questo ultimo capitolo e costruendo con lui un dia-logo per dare una forma anche solo transitoria a questa incredibile catena di incontri. Ci stiamo lavorando, il frutto, la scoria di questo dialogo la troverai qui e dove decideremo di dargli tempo e spazio, prima o poi. Porta pazienza e verrai premiata.



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